Il principale e più diffuso contratto di scambio di beni (mobili, immobili, mobili registrati, immateriali, ecc.) nella realtà dei traffici commerciali, nazionali ed internazionali, sia per la rilevanza della sua funzione economica, sia, ancora, per il valore paradigmatico che assume nell’ambito della teoria dei contratti, sia, infine, per la ricchezza e la varietà di atteggiamenti, di sottospecie, di clausole che presenta è certamente il contratto di compravendita.
Secondo la definizione normativa (art. 1470 codice civile) la vendita (o tecnicamente più corretto, la compravendita) è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo. In parole povere, il contratto di vendita è il contratto di scambio tra beni e denaro. Se, infatti, lo scambio avvenisse non con il denaro, ma con altri beni, non si sarebbe in presenza di una vendita, ma di un contratto di permuta. Resta inteso che l’oggetto della compravendita, che può essere tutto quello che è in commercio, deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile, pena la nullità del contratto.
Nella pratica commerciale l’istituto della vendita viene spesso e purtroppo confuso con altre figure giuridiche simili alla compravendita proprio per le diverse similitudini che possono presentare.
Espongo qui di seguito alcuni principali contratti commerciali che dispongono di notevoli similitudini con il contratto di vendita.
Il contratto estimatorio si differisce dalla vendita in quanto si perfeziona con la consegna della cosa da parte di un soggetto al ricevente, producendo effetti obbligatori. Inoltre, qui il ricevente ha la facoltà di restituire il bene, il prodotto per non pagarne il prezzo. Il trasferimento della proprietà dei beni avviene solamente a seguito del pagamento del prezzo.
Nel contratto di somministrazione, a differenza della vendita, l’oggetto principale del contratto consiste in una pluralità di prestazioni, mentre nella vendita la prestazione è unica anche se talvolta può essere ripartita nel tempo (c.d. vendita a consegne ripartite).
Il contratto di subfornitura si differisce dalla vendita in quanto nella subfornitura il subfornitore assume l’impegno di un fare e di un dare.
Il contratto di leasing presenta delle caratteristiche simili alla vendita con riserva di proprietà o a rate. Tuttavia, nella vendita, l’acquisto della proprietà del bene avviene automaticamente con il pagamento dell’ultima rata, mentre nel leasing è subordinato all’esercizio del diritto di opzione da parte dell’utilizzatore.
Da ultimo, occorre prestare particolare attenzione e bisogna ben distinguere il contratto di appalto dal contratto di vendita futura dove spesso l’obbligazione di dare si accompagna all’esecuzione di prestazioni accessorie di fare, necessarie per soddisfare l’interesse dell’acquirente. In questa materia il discrimen tra le due figure contrattuali è stato fissato dalla giurisprudenza sulla base del criterio della prevalenza del tipo di prestazione di fare oppure di dare, avendo riguardo soprattutto all’intento ed alla volontà delle parti, cosa peraltro non sempre facile.
Il momento perfezionativo del contratto
In quale momento si perfeziona un contratto di vendita o, comunque, il contratto in generale? La vendita si perfeziona con la consegna del bene all’acquirente o con la semplice manifestazione del consenso delle parti?”
La risoluzione di tale problematica ha importanza pratica notevole sotto vari aspetti: per stabilire se le parti erano capaci di concludere il contratto (si pensi al raggiungimento della maggiore età, all’imprenditore-amministratore della società Alfa s.r.l. munito dei necessari poteri per compiere l’atto di vendita, ecc.); per stabilire quale è il luogo nel quale in contratto è stato concluso: determinazione che non è priva di rilevanza, perché da essa può dipendere la individuazione del luogo di adempimento e della competenza territoriale nel caso di controversie giudiziarie (semprechè le parti contrattuali non lo abbiano pattuito per iscritto nelle c.d. “condizioni generali di vendita”).
In ogni caso stabilire in quale momento l’accordo si è perfezionato è abbastanza agevole da identificare quando il consenso delle due parti si manifesta in un unico contesto di luogo e di tempo (si pensi all’acquisto del giornale presso l’edicolante). E’ un po’ più complicato quando le trattative si svolgono o in tempi successivi o tra persone/imprenditori lontani, che comunicano tra loro per mezzo della posta, del telefono, del fax, dell’e-mail. In tale ipotesi due sono gli atti sui quali l’attenzione di ogni buon e attento imprenditore debba essere richiamata: la proposta e l’accettazione. Quando alla proposta segue, nel termine stabilito dal proponente (venditore), o in quello ordinariamente necessario, secondo la natura degli affari e gli usi, l’accettazione allora si ha l’accordo.
ATTENZIONE: l’accettazione deve essere perfettamente conforme alla proposta, ossia, non deve contenere variazioni delle condizioni indicate nella proposta stessa: altrimenti equivale ad una nuova proposta. Conseguenza: il contratto non si è concluso.
Basta che questa volontà di accettare sia stata dichiarata oppure occorre che sia stata trasmessa all’atra parte? E’ sufficiente che la lettera, il fax contenente – ad esempio – l’ordine sia ricevuta dal proponente oppure occorre che egli l’abbia anche letta/o? In virtù del c.d. “principio di cognizione” vigente nel nostro ordinamento giuridico il contratto si considera concluso nel momento e nel luogo in cui il proponente (acquirente) ha conoscenza dell’accettazione della proposta, comunicatagli dalla controparte (alienante).
L’acquirente potrebbe sfruttare astutamente questo principio (nell’ipotesi in cui il contratto di vendita non gli convenga più per un sopraggiunto rialzo del prezzo, per un successivo pentimento, ecc.) ribadendo che non ha mai letto la lettera, il fax o che non ha avuto notizia della accettazione dell’alienante. In questa circostanza il legislatore è venuto incontro all’alienante con una disposizione normativa: per dimostrare che il contratto si è perfezionato è sufficiente dimostrare che la dichiarazione di accettazione dell’alienante è pervenuta all’indirizzo del proponente (acquirente).
Questi concetti generali, chiamiamoli “prenegoziali”, sono fondamentali e propedeutici al fine di comprendere meglio ed in modo inequivocabile il momento perfezionativo del contratto di vendita.
La vendita è un contratto consensuale che si perfeziona con il semplice consenso (e accordo) delle parti contrattuali (alienante e acquirente) e non anche con la consegna del bene compravenduto. Pertanto, il trasferimento della proprietà si verifica immediatamente, non appena le parti esprimono il loro consenso (c.d. vendita reale). Di conseguenza, da questo momento, si trasferiscono anche tutti i rischi relativi al bene.
In taluni casi, tuttavia, il trasferimento della proprietà o del diritto non segue subito l’accordo delle parti, ma avviene in un momento successivo (c.d. vendita obbligatoria) e cioè al verificarsi di determinati eventi, senza che occorra un’ulteriore manifestazione del consenso e di volontà del venditore. Ciò accade per la vendita di cose generiche, di cosa futura, di cosa altrui ed infine nel caso di vendita con riserva di proprietà. In questi casi il venditore ha l’obbligo di fare acquistare al compratore la proprietà del bene compravendutogli, deve cioè fare quanto possibile affinché il compratore diventi proprietario del bene.
Nella prassi commerciale, la formazione del consenso in un contratto di compravendita può avvenire con modalità molteplici ed eterogenee. Mi riferisco, ad esempio, alle vendite self service, cash and carry, a mezzo di distributori automatici e certamente, come già anticipato, alle frequenti vendite concluse a mezzo di corrispondenza (fax, lettere, e-mail), di una semplice telefonata, a mezzo di e-mail. In tutti questi casi è necessario che l’imprenditore avveduto che voglia concludere una transazione commerciale di compravendita abbia ben presente e chiari i concetti generali sopra esposti per evitare liti giudiziarie con la controparte.
Forma del contratto di vendita
Il contratto di vendita generalmente è un contratto a forma libera. Nella vendita di beni mobili la vendita, come già accennato, si perfeziona con il raggiungimento dell’accordo sulla cosa, sul diritto e sul prezzo. Il contratto può inoltre essere provato in qualsiasi modo, anche per testimoni. Tuttavia, si consiglia vivamente, anche se questa soluzione spesso viene disattesa dagli imprenditori per motivi di speditezza e opportunità di chiudere la transazione, la forma scritta, se non nella forma di un semplice contratto di vendita, nella forma dello scambio di lettere commerciali (ordine/conferma d’ordine), unitamente a delle buone, ma soprattutto efficaci condizioni generali di vendita.
ATTENZIONE: le condizioni generali fatte avere alla controparte dopo la conclusione del contratto, oppure, come spesso accade, a tergo della fattura non sono efficaci, cioè non vengono applicate, non valgono nulla. E’ opportuno che siano stampate sul retro della conferma d’ordine.
Sussistono, però, delle eccezioni dove la forma scritta e prescritta pena la nullità del contratto (nella vendita che abbia ad oggetto il trasferimento di beni immobili o mobili registrati, oppure la vendita di eredità, di azienda).
Obbligazioni delle parti
Le obbligazioni principali del venditore sono:
a) quella di consegnare la cosa al compratore;
b) quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto;
c) quella di garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.
Quanto al primo obbligo, è proprio il caso di precisare che l’obbligazione di consegna del bene è un momento diverso dal trasferimento della proprietà. Se, come si verifica nella vendita ad effetti reali, il trasferimento della proprietà è già avvenuto alla conclusione del contratto, la consegna della cosa costituisce il completamento di tale trasferimento, l’atto, cioè, che pone il compratore nella condizione di disporre materialmente della cosa ormai divenuta sua: la consegna deve avvenire nel tempo e nel luogo indicati nel contratto. In mancanza di pattuizione al riguardo, essa deve essere fatta appena è avvenuto il trasferimento del diritto.
E’ regola generale che la cosa deve essere consegnata insieme con gli accessori, le pertinenze ed i frutti maturati dal giorno della vendita. Il venditore deve pure consegnare i titoli ed i documenti relativi alla proprietà ed all’uso della cosa venduta.
Norme particolari regolano però l’adempimento dell’obbligo di consegna quando di tratti di beni mobili. In mancanza di patto o di uso contrario, la consegna della cosa deve avvenire nel luogo dove questa si trovava al tempo della vendita, se le parti ne erano a conoscenza, o dove il venditore aveva il suo domicilio o la sede dell’impresa. Salvo patto o uso contrario, se la cosa venduta deve essere trasportata da un luogo all’altro, il venditore si libera dall’obbligo di consegna rimettendo la cosa al vettore o allo spedizioniere. Le spese del trasporto sono a carico del compratore.
Secondo quanto si è visto, i predetti criteri legali di determinazione del luogo di consegna sono perfettamente derogabili da patti o usi contrari.
Nell’ipotesi in cui la consegna del bene venduto avvenga in un momento successivo alla vendita, il venditore è tenuto alla custodia del bene nel periodo compreso tra la conclusione del contratto e la consegna (si applicano le norme sul deposito). Se il venditore consegna la cosa con vizi che siano a lui imputabili, il compratore può chiedere l’adempimento o la riduzione del prezzo, senza tuttavia incorrere nel breve termine di decadenza e di prescrizione in tema di vizi della cosa.
Per gli effetti del perimento del bene durante la custodia o sopravvenuta impossibilità della consegna, bisogna distinguere a seconda che si tratti di:
- vendita con effetti reali immediati: il rischio di perimento della cosa prima della consegna è a carico del compratore, che deve in ogni caso pagare il prezzo;
- vendita con effetti differiti (o obbligatoria): sino al momento in cui si verifica l’effetto traslativo il rischio resta a carico del venditore.
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Quanto al terzo obbligo a carico del venditore occorre fare una distinzione tra
1) garanzia per evizione;
2) garanzia per vizi;
La garanzia per evizione: Spesso accade che il venditore, proprietario del bene, provveda ad una doppia alienazione dello stesso bene mobile, ossia lo venda prima a Tizio e poi a Caio. La legge attribuisce perciò al compratore con l’introduzione della garanzia per evizione una particolare tutela per il caso in cui il compratore sia disturbato nel godimento del bene acquistato per effetto di pretese che terzi possono avanzare nei suoi confronti.
A tal proposito occorre distinguere tra evizione totale e evizione parziale. Nella prima si verifica la perdita del compratore dell’intera cosa acquistata o di un diritto reale minore in conseguenza di una pronuncia del giudice che accerta un difetto nel diritto del venditore, a vantaggio del terzo che vanta sulla cosa un diritto di proprietà.
Nella evizione parziale si verifica invece una perdita del compratore di una parte del bene acquistato in seguito ad una pronuncia del giudice che accerti un difetto nel diritto del venditore (i.e. Tizio acquista una casa che riteneva libera da pesi ed, invece, è soggetta a servitù di passaggio).
Per il compratore l’evizione ha lo stesso effetto di un inadempimento contrattuale, pertanto, se il compratore ha subito un danno questi può pretendere il risarcimento dei danni subiti.
ATTENZIONE: la garanzia per evizione non opera (quindi non vi è il diritto al risarcimento dei danni) se il compratore con il proprio comportamento ha dato causa alla perdita del bene acquistato, quando la vendita è stata espressamente conclusa con la clausola a rischio e pericolo del compratore (non dovuto risarcimento del danno emergente) e quando il compratore, nei cui confronti il terzo abbia promosso azione di rivendicazione, non chiami in causa il venditore.
Infine, la garanzia per evizione è un effetto naturale del contratto, previsto da norme dispositive, derogabili dalla volontà delle parti, nel senso che la parte può aggravare, diminuire o escludere (fatto salvo l’art. 1229 c.c.) le conseguenze che da essa derivano.
La garanzia per vizi: Il venditore deve garantire che la cosa da esso venduta al compratore sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata e ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore. Vizi sono le imperfezioni o alterazioni del bene, dovute alla sua produzione o alla sua conservazione. Questo significa che il compratore non potrà protestare per qualsiasi difetto, perfino minimo, della cosa acquistata.
La garanzia per vizi è dovuta quando il vizio esisteva al momento della conclusione del contratto di vendita anche se questo si sia manifestato in un momento successivo. Se il vizio insorge invece dopo l’intervenuto accordo traslativi ma prima della consegna, esso inciderà sull’esattezza della prestazione, cosicché il compratore potrà bensì agire con l’azione di risoluzione, di riduzione del prezzo e di risarcimento dei danni, ma senza dover rispettare i ristretti termini di cui all’art. 1495 (i famosi 8 giorni per la denuncia del vizio). La garanzia invece non è dovuta se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa ovvero essi erano facilmente riconoscibili, salvo, in questo caso, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi.
La garanzia può essere esclusa o limitata convenzionalmente con apposita clausola, redatta in modo chiara ed univoca, inserita nel contratto, ma la clausola sarà dichiarata nulla e quindi priva di qualsiasi efficacia nel caso in cui il venditore abbia in mala fede (con dolo o colpa grave) taciuto al compratore i vizi della cosa. Una tale clausola richiede comunque sempre la doppia sottoscrizione della parte più debole vista la evidente natura vessatoria della stessa.
NOTA BENE: E’ ormai prassi consolidata nel commercio che le clausole “visto ed accettato”, “merce vista e gradita”, o “merce verificata, provata ed accettata” con il mero scopo di escludere la garanzia per vizi, siano da considerarsi mere clausole di stile e, pertanto, prive di valore ed efficacia.
Il compratore, peraltro, se intende far valere la garanzia cui il venditore è tenuto, ha l’onere di denunciare l’esistenza dei vizi entro il termine di otto giorni (salvo diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge), che decorrono dalla consegna della cosa se si tratta di vizi apparenti o dalla scoperta se si tratta di vizi occulti.
NOTA BENE: il vizio si dice “apparente” quando il soggetto con un esame diretto della cosa condotto con criteri di normale diligenza avrebbe dovuto accorgersene.
La denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha occultato.
NOTA BENE: Per la denuncia non è richiesta una particolare forma, è possibile farla anche mediante comunicazione telefonica. Infine, è sufficiente una denuncia generica; la cosa importante è che il venditore sia reso edotto che la cosa è affetta da vizi.
Una volta denunciato nel termine il vizio (entro 8 giorni o quello contrattualmente pattuito), l’azione del compratore per chiedere la risoluzione del contratto (restituendo il bene e facendosi restituire il prezzo pagato) o la riduzione del prezzo, ivi compresa quella di risarcimento dei danni, è soggetta a termine di prescrizione di un anno decorrente dal momento della consegna.
Mancanza di qualità promesse o essenziali della cosa compravenduta: identica tutela (denuncia del vizio entro 8 giorni e prescrizione dell’azione 1 anno) spetta al compratore nell’ipotesi in cui la cosa venduta non abbia le qualità “promesse” ovvero quelle “essenziali” per l’uso cui il bene è destinato.
Dalla garanzia per vizi occulti o per difetto delle qualità promesse o essenziali va tenuta accuratamente distinta la tutela che spetta al compratore in caso di consegna “aliud pro alio”, ossia di consegna di un bene radicalmente diverso da quello che era stato previsto al momento del contratto. In tal caso il compratore ha diritto di chiedere la risoluzione del contratto senza dover osservare i predetti termini ristretti che si applicano, quindi, solo alle ipotesi meno gravi dei vizi o difetti della cosa venduta.
VALUTA SE INSERIRE COMMENTO VENDITA CON RISERVA DI PROPRIETA’
NOTA BENE: Il patto della riserva di proprietà così spesso inserito nelle condizioni generali di vendita non sempre risponde alle attese. E’ pure vero che nella vendita (di beni mobili) con riserva di proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo assumendo i rischi dal momento della consegna, ma per rendere operante ed efficace il patto di riservato dominio nei confronti dei creditori del compratore e opponibile al fallimento o al procedimento di esecuzione forzata occorre che la riserva di proprietà, pattuita contestualmente alla vendita, risulti da atto scritto e che l’atto scritto abbia data certa anteriore al pignoramento (e/o fallimento). Per sottrarre i beni dell’alienante ad una procedura di espropriazione forzata è necessario poter dimostrare che il patto è stato concluso prima dell’inizio dell’espropriazione stessa. Circostanze che possono attribuire la data certa ad una scrittura privata (condizioni generali di vendita) possono essere la registrazione del documento presso l’ufficio di amministrazione finanziaria o apponendo semplicemente un timbro postale sul documento. Ecco che alla luce di queste macchinose formalità e registrazioni, non richiesti ad esempio in Germania, sono poche le società italiane che operano con il patto di riservato dominio. Una corretta stesura della relativa clausola richiede l’intervento di un esperto.